La «Casa comune» e la «rivoluzione gentile» della Costituzione

Data:
27 Febbraio 2025

La «Casa comune» e la «rivoluzione gentile» della Costituzione

La «Casa comune» e la «rivoluzione gentile» della Costituzione

L’editoriale del presidente Costantino Caturano pubblicato su “Realtà Sannita”.

È uno scossone quello che Papa Francesco qualche anno addietro, nella sua enciclica “Laudato Sì” sulla cura della Casa Comune, muove al cuore umano, allorquando equipara la sua violenza alla malattia che “avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi”. Senza preamboli e con una severità lucida e chirurgica esordisce con “l’uso e l’abuso” della Terra e dei suoi beni, le assegna un posto tra i poveri più abbandonati e maltrattati ricordando che siamo Terra noi stessi. Se il passaggio su San Francesco d’Assisi ed il suo Cantico delle Creature ricorda quanto sia antica l’attenzione verso la questione, di certo il documento scritto dal Papa nel 2015 è la prima testimonianza ufficiale sulla tutela dell’ambiente nella storia del pontificato. Peraltro, rivolta “ad ogni persona che abita questo pianeta” attraverso parole chiave quali sviluppo sostenibile ed ecologia integrale, biodiversità ed ecosistema.

In realtà, più di uno scossone. Il concetto di “casa comune”, tanto laico quanto universale, è entrato a far parte della nostra Carta Costituzionale l’11 febbraio 2022, sebbene l’esigenza di tutelare l’ambiente dal punto di vista giuridico e politico-legislativo sia stata avanzata, tempo addietro, attraverso alcune proposte di modifica al testo e con diverse soluzioni a tale sensibilità crescente, talune più rilevanti come l’istituzione del Ministero dell’ambiente (Legge 8 luglio 1986, n.349), la legge “Galasso” (decreto-legge 28 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431) ed altri provvedimenti legislativi.

Questo percorso, pur attestando, tra le varie, la costruzione di un coordinamento delle competenze dei vari livelli amministrativi in materia ambientale, ha rinviato, tuttavia, sull’aspetto più dirimente ai fini della sua reale tutela, nominata espressamente solo nelle materie di competenza esclusiva statuale (art.117 c.2lett.s, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali): l’ambiente come valore primario costituzionalmente protetto. La quasi recente modifica in Costituzione dell’art. 9, con l’introduzione di un nuovo comma, e dell’art. 41, riformato con alcuni “incisi”, oltre all’introduzione di una clausola di salvaguardia per l’applicazione del principio di tutela degli animali, in linea con la normativa europea, ha innovato il testo non solo inserendo tra i principi fondamentali la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, ma ha riconosciuto esplicitamente il valore della sostenibilità includendo l’interesse delle future generazioni. I nuovi limiti all’iniziativa economica privata (salute ed ambiente) introdotti nell’art.41 ed anteposti ai già esistenti, hanno sostanziato ed attuato le novità dell’art.9, assegnando alla medesima attività economica pubblica e privata un indirizzo ed un coordinamento a fini ambientali, oltre che sociali.

La portata di questa riforma ha assunto i contorni delle giornate epocali, di quelle che si ricordano a vita, di veri e propri passaggi storici, per alcuni di una vera e propria “rivoluzione gentile”. È assolutamente plausibile percepirla in questi termini, soprattutto se si calcola il tempo trascorso per concretizzare una scelta così decisiva per le implicazioni strettamente connesse, affidata per lungo tempo alla sola “sensibilità”, mentre la gestione di numerose questioni ambientali (è sufficiente pensare all’Ilva di Taranto) soffriva di una profonda “inadeguatezza” già rispetto al concetto di tutela contenuto nella versione originaria dell’articolo 9.

La nuova visione oggettivistica dell’ambiente, quindi di bene in sé e non solo materia, ma valore costituzionalmente protetto, è un parametro a cui tutte le leggi e tutte le azioni dello Stato devono rapportarsi. Essa restituisce una sorta di “garanzia” illimitata, tanto più se rivolta alle generazioni future. Sui valori, diritti e doveri costituzionalmente garantiti e praticamente disattesi dalle norme e ancor più negli articolati, se ne ha testimonianza quotidiana; il nuovo corso potrebbe realmente restituire quella fiducia disattesa e la consapevolezza che tarda ad insediarsi nella collettività rispetto alla tutela dell’ambiente e della biodiversità. Allora potremmo davvero cominciare a parlare di una coscienza consapevole del capitale naturale, delle sue relazioni con le altre tipologie (umano, sociale, manifatturiero e finanziario), degli equilibri sottesi, nonché accelerare il suo processo di ristrutturazione, avviando concretamente la tanto agognata transizione ecologica.

La tutela legale dei temi cardine dello sviluppo sostenibile, che guarda all’equità e solidarietà intergenerazionale, può diventare la traccia attraverso la quale sviluppare nuovi programmi e interventi.

Certo è che ad oggi sarà più difficile ignorare gli allarmi degli scienziati sulla crisi climatica in atto e ancora più complicato risolvere le questioni con un “ad impossibilia nemo tenetur” (nessuno è tenuto a fare l’impossibile). Perché l’impossibile, per la casa comune, è ormai un dovere universale e…naturale.

                                                                               

Ultimo aggiornamento

27 Febbraio 2025, 11:03

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