Pianificazione forestale e Rete Natura 2000: Il caso Vco
Data:
29 Novembre 2024
Più del 27% della superficie forestale nazionale ricade in aree a vincolo ambientale. Nel territorio della Provincia del Verbano Cusio Ossola (VCO) ricadono 6 tra Parchi e Riserve Naturali Regionali, il Parco Nazionale della Val Grande e 14 siti nella Rete ecologica Natura 2000 (ReN2000), per un’estensione complessiva di 87.222 ettari, ovvero il 38,57% della superficie provinciale, e circa la metà del patrimonio forestale provinciale è ubicato internamente a tali aree. La cospicua percentuale di territorio occupata dalla ReN2000 incide sulla pianificazione forestale intersecandosi costantemente con le disposizioni del DPR n. 357/1997 di attuazione della direttiva 92/43/ CEE. Ciò implica, da parte dei redattori e proponenti dei Piani di gestione forestali (PGF), un’attenta valutazione delle potenziali interferenze che il tipo di gestione proposta potrebbe comportare su Habitat e specie di interesse comunitario.
Il gestore forestale, oltre ad attenersi alle regolamentazioni forestali regionale e nazionale, deve anche valutare la compatibilità degli interventi selvicolturali proposti rispetto alle misure di conservazione della ReN2000 del Piemonte (DGR n. 55-7222/2023) e, laddove presenti, alle misure di conservazione sito specifiche.
Questa situazione ha portato alla diffusione sull’intero patrimonio forestale provinciale di una modalità di intervento particolarmente vicina ai principi della “selvicoltura naturalistica”.
La Provincia, con il più alto indice di boscosità del Piemonte, presenta la fustaia come forma di governo prevalente (51,81%), seguita dal ceduo semplice (27,9%) e composto (20,5%), e le categorie forestali maggiormente presenti sono faggete, castagneti, bschi di neoformazione, lariceti, abetine e peccete. Per i 14 PGF a oggi vigenti sul territorio, per complessivi 23.900 ettari circa di cui 11.700 ettari ricadenti in ReN2000 e/o aree protette, risulta rilevante l’elevata percentuale di superfici destinate a evoluzione libera (46,6% della superficie forestale), che non prevede una gestione attiva nel breve o lungo periodo, in quanto i popolamenti presenti si trovano in aree inaccessibili o difficilmente raggiungibili, oppure presentano uno scarso valore economico. Questo porta a ridurre a 12.444 ettari la superficie forestale avente una gestione attiva, equivalente a soli 9,5% della superficie forestale provinciale, e di solo 1.635 ettari ricadenti nella ReN2000.
La gestione delle superfici pianificate in queste aree prevede interventi selvicolturali volti principalmente a migliorare la stabilità del soprassuolo e a ridurre l’uniformità dei popolamenti coetanei. Nei boschi di origine artificiale, lo scopo è invece di favorire la rinnovazione potenziale di specie naturalmente presenti. Infine, soprattutto nelle faggete e castagneti, si è privilegiato l’avviamento a fustaia dei boschi cedui. Per le scelte d’intervento selvicolturale realizzate si riportano i seguenti casi.
Nel PGF del comune di Premia (HE2017) vi sono due siti ReN2000: SIC-ZPS IT1140016 “Alpi Veglia e Devero – Monte Giove” e la ZPS IT1140021 “Val Formazza”, in cui sono stati individuati quattro Habitat (9110, 9180*, 9410 e 9420), nei quali ricadono interventi di gestione. Nel primo sito, l’intervento applicato è il taglio a scelta colturale, soprattutto su piante instabili a rischio di ribaltamento, con l’obbiettivo di aumentare la stabilità del soprassuolo, ma anche su piante di grosse dimensioni per favorire la rinnovazione naturale. Viene utilizzato anche il diradamento dal basso su gruppi densi, per selezionare le pianted’avvenire (in grado di garantire un mantenimento nel tempo dei servizi ecosistemici). Nel secondo sito, solo all’interno dell’habitat 9110 (Luzulo-Fagetum) sono previsti interventi di taglio per l’avviamento a fustaia e diradamenti al fine di diversificare la struttura dell’Habitat e favorire la rinnovazione naturale. Il secondo caso è il PGF del comune di Formazza (2017), che comprende due siti ReN2000 (SIC-ZPS IT1140016 e la ZPS IT1140021) e quattro Habitat (9110, 9180*, 9410 e 9420).
Nel primo sito, gli interventi selvicolturali sono previsti solo negli Habitat 9110, 9410 e 9420 e includono tagli a scelta colturale finalizzati a incentivare la diversificazione strutturale e l’insediamento della rinnovazione naturale. Nel secondo sito, solo nell’Habitat 9410 sono previsti interventi di taglio a scelta colturale, mentre nell’Habitat 9420 (Larix decidua e/o Pinus cembra) è prevista una ricostituzione boschiva post evento valanghivo.
Un ultimo caso vede il PGF dei comuni di Caprezzo e Miazzina (2018), interni al Parco Nazionale Val Grande e che comprende l’omonimo sito ReN2000 (ZSC/ZPS IT1140011). Le scelte d’intervento selvicolturale per i rimboschimenti di conifere miste e la rici prevedono il taglio a scelta colturale per gruppi, finalizzato a migliorare la stabilità e polifunzionalità del soprassuolo, mentre per i boschi di latifoglie si cerca di evitare l’abbandono colturale recuperando i cedui di castagno con tagli di rigenerazione e tramite una gestione a governo misto per i castagneti misti a latifoglie mesofile; infine, per le faggete, nel ceduo è previsto l’avviamento a fustaia finalizzato a creare una fustaia pluriplana e disetaneiforme, migliorando così la stabilità del bosco.
Al fine di perseguire gli obiettivi definiti dalla Strategia Forestale Nazionale (SFN), la pianificazione forestale risulta essere uno strumento essenziale, non solo per conoscere le caratteristiche dei boschi, ma anche per effettuare interventi selvicolturali mirati, finalizzati a ottimizzare le funzioni e servizi che il bosco svolge.
Molto importante è la certificazione forestale, con nove comuni della Provincia certificati PEFC, si ha la prova concreta che le foreste siano gestite in maniera sostenibile, così come anche i prodotti finali. Ulteriore indirizzo della SFN è quello di incrementare il valore ecologico ed economico dei boschi, e, in questo contesto, la Provincia sta coordinando uno specifico progetto finalizzato a valorizzare, in primo luogo, i cosiddetti “boschi poveri” e i cascami nella filiera del legno.
In molti casi, l’applicazione di un modello selvicolturale fortemente improntato alle esigenze naturalisti che non pregiudica l’ottenimento di prodotti con valori di macchiatico positivi, ottenendo un duplice risultato ambientale ed economico. Attualmente, uno dei punti critici risulta essere l’elevata percentuale di aree ad “evoluzione libera”, ossia di superfici colturalmente non raggiungibili o abbandonate. Tale problematica si potrebbe risolvere con l’ottimizzazione e l’espansione della viabilità forestale in quanto agevola e consente una migliore gestione del territorio, permettendo un accesso diretto e più rapido anche in caso di intervento per eventi calamitosi (incendi, fitopatie, schianti, ecc.). Inoltre, permetterebbe una maggiore disponibilità nella fruizione turistico ricreativa dei boschi.
Sicuramente la selvicoltura risulta uno strumento essenziale per garantire la salute dei boschi e l’erogazione di servizi ambientali alla società; inoltre, è di fondamentale importanza l’integrazione tra competenze differenti, in modo tale da fornire le migliori soluzioni alle problematiche attuali e future.
Articolo scritto da Davide Rossi, Prof. Carlo Urbinati Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali Sezione Produzione e Gestione Agraria e Forestale Area Sistemi Forestali, Università Politecnica delle Marche.
Ultimo aggiornamento
29 Novembre 2024, 12:05