Valorizzare le aree protette per frenare la perdita di biodiversità e promuovere la bioeconomia
Data:
28 Maggio 2025

È la legge 221/2015 (disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e contenere l’uso eccessivo di risorse naturali) che ha introdotto nel nostro Paese un percorso per la promozione del Capitale Naturale (CN). La stessa legge prevede l’istituzione del Comitato per il CN, vengono inoltre forniti gli strumenti e le indicazioni per introdurre in Italia un sistema di valutazione e contabilizzazione del CN e viene prevista l’introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ecosistemici e ambientali (PSEA), stabilendone i principi e criteri direttivi. Insomma un corredo teorico niente male che, come spesso capita, manca ancora di applicazioni concrete ma su cui si sta lavorando per promuovere una strategia per il CN cioè per gli ecosistemi che forniscono beni e servizi essenziali: terreni fertili, acque potabili, aria pura, impollinazione, prevenzione delle alluvioni, regolazione del clima, ecc. da cui dipendono la nostra prosperità economica e il nostro benessere. Beni fondamentali, da sempre considerati inesauribili e privi di valore economico che diventano sempre più preziosi ed influiscono, con sempre maggiore incidenza, nella formazione dei prezzi e delle economie – o diseconomie.
Questa riflessione si innesta oggi in un contesto delicato ma insieme molto interessante, disegnato dalla crisi economica e dal profondo cambiamento provocato dalla rivoluzione energetica che ci allontana dalle fonti fossili (il principale fattore di perdita di biodiversità a livello planetario) e affida alla green economy un ruolo inaspettato solo fino a pochi anni fa. Si stima che circa i due terzi dei servizi offerti gratuitamente dagli ecosistemi mondiali, quali la regolazione climatica, la fornitura di acqua dolce, le risorse ittiche, la fertilità dei suoli ecc. si stanno impoverendo a causa di fattori antropici. Molti dati sperimentali dimostrano che gli ecosistemi caratterizzati da una maggiore varietà di specie sono più produttivi, più stabili, più resistenti e meno vulnerabili alle pressioni esterne.
La natura è il regolatore climatico più efficace ed anche il più potente elemento di immagazzinamento della CO2. La sua perdita influenza direttamente la stessa capacità di raggiungere gli obiettivi di arrestare il surriscaldamento del pianeta. Il collasso di molti sistemi naturali, a scala planetaria, sta avendo già oggi effetti molto negativi sulla fornitura dei servizi che essi rendono al genere umano. Effetti che si amplieranno se non verranno adeguatamente contrastati con azioni decise, unitarie, efficaci e soprattutto urgenti.
Conservare la biodiversità è quindi una delle prime condizioni per aiutare a ridurre le emissioni di gas serra e per rendere gli ecosistemi più resistenti e capaci di proteggersi da soli. Conservare la biodiversità è anche una grande opportunità di investimento e di creazione di nuovi lavori per una economia verde, e solo in Europa circa il 17% dei posti di lavoro attuali è più o meno direttamente collegato alle risorse ecosistemiche e quindi alla loro efficienza biologica. Un ruolo fondamentale per promuovere una strategia nazionale per il CN deve essere svolto da parchi e aree protette, che rappresentano la grande banca in cui si genera e rigenera il CN, e non dovrebbero avere difficoltà a posizionarsi come infrastrutture della bio-economia, cioè l’economia che genera il capitale naturale ed i servizi ecosistemici che offrono le risorse naturali. È perciò importante il contributo che le aree protette possono fornire all’uscita del nostro Paese dalla crisi, a cominciare dalla valorizzazione del ruolo della natura, sia in termini di servizi ecosistemici sia in termini di cultura collettiva. Un contributo che non sta solo nel ruolo scientifico di conservazione e valorizzazione della biodiversità e nell’assumere maggiori responsabilità nel mantenere intatti gli ecosistemi che conservano, ma anche sul piano economico e nella creazione di nuove opportunità per migliorare la qualità della vita delle persone.
I parchi sono nel nostro Paese una grande sollecitazione per molte realtà territoriali a misurarsi con politiche di sviluppo locale innovative basate sulla qualità ambientale. Si può dire che i parchi abbiano irrobustito e ringiovanito tanti territori. Grazie innanzitutto alla loro azione, e a quella di altre istituzioni e di soggetti pubblici e privati, sono aumentate le produzioni tipiche e biologiche riconosciute, le certificazioni e le registrazioni ambientali, i riconoscimenti internazionali per aver salvato dall’estinzione specie a rischio. Oggi è chiaro che investire sulla natura è un affare, ed i parchi non sono solo buona conservazione di specie e habitat, ma devono mettere in atto buone pratiche di sostenibilità per le comunità interessate e sostegno alle produzioni di eccellenza nel settore agro-silvo-pastorale: la riduzione del consumo di suolo, la gestione forestale sostenibile, la buona gestione degli allevamenti e delle specie selvatiche, puntare sull’agroecologia per immaginare il 100% di produzione biologica nei parchi.
Già oggi nei quasi 4mila comuni interessati dalle aree protette e dai siti Natura 2000, e che coinvolgono oltre tre milioni di abitanti, sono presenti 300mila imprese, che impiegano oltre 3milioni di lavoratori, ed hanno generato un valore aggiunto di oltre 100miliardi di euro pari al 10.6% dell’intera economia del Paese. Quantificare i servizi ecosistemici offerti dal CN con l’obiettivo di premiare anche le comunità locali che si fanno carico di garantire e custodire questi beni e che forniscono un servizio al Paese è lo strumento che potrà garantire la sopravvivenza di tante piccole realtà che hanno scommesso sulla tutela delle risorse naturali per generare uno sviluppo basato sulla bio-economia. Per raggiungere questi obiettivi occorre determinare alcune scelte che possono anche dare risposte occupazionali ai giovani che vivono in queste aree.
Promuovere la realizzazione di biodistretti nei parchi con l’obiettivo di raggiungere l’obiettivo del 100% di produzioni biologiche entro il 2030, puntare a rafforzare le conoscenze e le buone pratiche agricole in grado di eliminare pesticidi ed erbicidi e ridurre i consumi idrici puntando ad esempio sull’agricoltura di precisone, sono solo alcune delle sfide che ci attendono anche nella nostra amata regione Campania.
Occorre tradurre in fatti concreti le tante enunciazioni di principio che da anni si fanno a favore di chi vive e opera nelle aree protette, che molto spesso coincidono con aree a forte disagio insediativo o in aree interne che rischiano la marginalità, attraverso misure di premialità e una fiscalità di vantaggio per quelle comunità che si fanno carico di sostenere la cura e la tutela dell’ambiente.
Costantino Caturano – Presidente Ente Parco Taburno Camposauro
Ultimo aggiornamento
28 Maggio 2025, 12:25