Le Comunità Energetiche Rinnovabili possono promuovere la costruzione del bene comune?

Data:
23 Novembre 2023

Le Comunità Energetiche Rinnovabili possono promuovere la costruzione del bene comune?

Negli ultimi mesi ho avuto modo di sentir parlare spesso delle cosiddette comunità energetiche e dei vantaggi che potrebbero portare alla nostra quotidianità. Devo dire, tuttavia, che nonostante le  diverse prospettive dalle quali viene esaminata questa tematica, che pur si rinvengono sui giornali o si ascoltano in TV,  se ponessimo la domanda in merito al se taluno abbia mai sentito parlare di Comunità Energetiche Rinnovabili, la maggior parte delle persone, a questa domanda, probabilmente risponderebbe di no, un’altra parte, non proprio esigua risponderebbe che si, ne ha sentito parlare, ma solo una piccola parte saprebbe di cosa stiamo parlando. Infatti solo recentemente l’argomento riguardante l’esistenza della Comunità Energetica è diventato di dominio pubblico, ma come spesso accade in questi casi, è circondato da un’ampia disinformazione che ne impedisce una corretta e radicata diffusione. Occorre subito chiarire che a mio parere, le Comunità Energetiche Rinnovabili, ognuna nella sua singolare forma, sono uno straordinario strumento di welfare strutturale e sociale. Dal punto di vista strutturale è bene precisare che le Comunità di Energia Rinnovabile sono soggetti giuridici di diritto privato – come associazioni, cooperative o imprese sociali – che, all’interno di un perimetro definito dalle cabine di trasformazione, permettono a persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali e autorità locali, incluse le amministrazioni comunali e locali, del terzo settore e di protezione ambientale, di raggrupparsi su base volontaria e agire collettivamente secondo regole stabilite fra i partecipanti stessi, allo scopo di usufruire dei benefici ambientali e sociali, dati dalla condivisione di energia elettrica autoprodotta da fonti rinnovabili. Distinguiamo pertanto due tipologie di Comunità energetiche: quelle che si sviluppano all’interno di un contesto territoriale, definito nel suo ambito dalla cabina primaria di trasformazione e le configurazioni di Autoconsumo Collettivo, che sono comunità che nascono all’interno di un edificio residenziale come i condomini.

In queste configurazioni di Comunità energetiche uno degli aspetti certamente più importanti e interessanti è quello costituito dall’essere una collettività, o per usare una definizione propria della sociologia contemporanea, una comunità locale, la cui funzione principale secondo il  sociologo americano Talcott Parsons è l’integrazione tra i membri  coadiuvata da obblighi di lealtà nei confronti di tutta la collettività, nonché dal rispetto incondizionato dell’interesse collettivo e dalla promozione della solidarietà. Da qui dunque parte anche la riflessione sulla comunità come luogo in cui le identità individuali e collettive si rafforzano, promuovendo un contesto che permetta di sviluppare nelle persone una condivisione dei bisogni di ognuno, eguali diritti e simmetrici doveri, collegati e coordinati in un vincolo solidale volto a promuovere la costruzione del bene comune.

Nonostante la lentezza dell’iter burocratico e le tante criticità ancora da risolvere, sono sempre di più i territori che si stanno muovendo nella costituzione di queste nuove configurazioni: tantissimi i cittadini e le cittadine, le Amministrazioni comunali, le imprese e i soggetti del terzo settore. Purtroppo però, dal punto di vista strutturale le comunità energetiche hanno ancora diversi problemi: la normativa non è completa e ci sono diversi  nodi da sciogliere, tra i quali la lentezza evolutiva tipica dei nuovi mercati, gli eccessivi cavilli burocratici e/o la mancanza di una precisa informazione. Peccato perché le CER, potrebbero risolvere problemi economici, ambientali e sociali in un colpo solo. Ma perché c’è questa situazione? La risposta è molto complessa visto che le cause sono diverse e tutte “all’italiana”.

È abbastanza complicato avere anche dei numeri a disposizione: solo Legambiente a Giugno 2022 contava almeno 100 realtà in movimento. Basti pensare al fermento messo in moto dalle risorse che arriveranno attraverso il PNRR dedicate alla nascita di Comunità Energetiche nei Piccoli Comuni, o ai 68 milioni a fondo perduto messi a disposizione dal Commissario del Sisma per i territori colpiti dal terremoto. Anche la Regione Campania, inoltre, è intervenuta con norme ad hoc per sostenere la nascita di questi nuovi soggetti giuridici.

Si tratta, quindi, di una vera e propria rivoluzione per cittadini, famiglie, imprese ed Enti locali che diventano soggetti attivi di un pezzo del sistema energetico. E, cosa ancora più importante è che la condivisione dell’energia può avvenire attraverso la rete di distribuzione esistente.

Approfondendo maggiormente la questione, tuttavia, matura la sconsolata preoccupazione che in realtà si stia prospettando la messa in pista di Comunità Energetiche Eunuche, ben menomate nella loro capacità di cogliere le grandi opportunità del cambio di paradigma elettrico verso le rinnovabili. Questa preoccupazione trova robuste radici in alcune considerazioni: una legge economica, teorizzata e dimostrata negli USA quando si ruppe il monopolio telefonico AT&T, evidenzia che quando esiste un mercato a monte con prezzi in qualche modo vincolati, che alimenta un mercato utenti a valle non adeguatamente protetto, inevitabilmente gli attori del mercato a monte invaderanno il mercato a valle, ostacolando e inibendo ogni innovazione suscettibile di dare un potere concorrenziale al mercato utenti. Nel caso elettrico è quindi ben prevedibile e ovvio che i protagonisti del mercato a monte dei contatori (distributori, etc.) facciano il possibile e l’impossibile per presidiare in tutti i modi il mercato utenti, accettando solo innovazioni che consolidino il loro potere e contrastando ogni innovazione a valle che possa mettere in discussione la situazione di mercato. Inoltre l’Italia ha una tradizione ben radicata che riguarda il contrasto a ogni liberalizzazione che alteri lo status quo per cui, se è proprio necessario liberalizzare per effetto di qualche disposizione europea, ci si arrampica sugli specchi per fare quanto meno possibile e il più tardi possibile.

Ritengo, quindi, che per non perdere questa grande occasione, la soluzione normativa prevista per le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) italiane vada valutata con particolare attenzione, sia sotto l’aspetto del trattamento equo degli utenti finali sia per la visione prospettata per il futuro.  Solo la politica può imporre un cambio lungimirante, per esempio rompendo qualche tabù e autorizzando (e, anzi, incentivando) la realizzazione di qualche vera Comunità Energetica non castrata. Certo, le Comunità energetiche previste hanno vantaggi, ma sarebbe molto miope accontentarsi del “meglio che niente” e resistere a oltranza contro ogni vera liberalizzazione!

a cura di Costantino Caturano – Presidente dell’Ente Parco del Taburno Camposauro

Ultimo aggiornamento

23 Novembre 2023, 15:23

it_ITItalian