CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DI AREE DA SOTTOPORRE A TUTELA PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI STRATEGIA EUROPEA BIODIVERSITÀ AL 2030

Data:
21 Luglio 2023

CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DI AREE DA SOTTOPORRE A TUTELA PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI STRATEGIA EUROPEA BIODIVERSITÀ AL 2030

CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DI AREE DA SOTTOPORRE A TUTELA PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI STRATEGIA EUROPEA BIODIVERSITÀ AL 2030

di Susanna D’Antoni, Rosanna Augello, Roberto Bagnaia, Dora Ceralli, Silvia Properzi dell’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale

 

Le reti di aree protette rappresentano uno dei pilastri delle politiche di conservazione a livello mondiale e svolgono un ruolo chiave nella protezione della biodiversità, e per questo sono considerate il fulcro di qualsiasi strategia di conservazione e di numerosi accordi e leggi internazionali, europei e nazionali (Abellán & Sánchez-Fernández, 2015), come ribadito anche nella COP 15 della Convention of Biological Diversity di Montreal (Canada). Alcuni studi indicano che, per essere davvero efficaci, le aree protette devono essere designate in base a criteri scientifici adeguati, che tengano conto della valutazione delle lacune di protezione esistenti nella rete delle aree protette a livello nazionale e regionale, adeguatamente collegate da una fitta rete di connessioni ecologiche che assicurino la connettività sia spaziale che funzionale all’interno dei territori nazionali e nelle aree transfrontaliere, in particolare per la conservazione di specie che necessitano di ampi territori (come ad esempio i grandi carnivori) o di quelle che compiono spostamenti o migrazioni, anche come adattamento ai cambiamenti climatici (Bruner et al., 2001; Sinclair et al., 2002; SànchezAzofeifa et al., 2013). Nonostante a livello mondiale il territorio protetto sia aumentato, alcuni studi che hanno effettuato la Gap Analysis (Langhammer et al., 2007) per valutare le lacune di tutela sia a livello globale sia a scala regionale, rivelano che la copertura delle specie e degli ecosistemi nell’esistente rete di aree protette è insufficiente per il mantenimento a lungo termine della biodiversità (Araujo et al., 2007; D’Amen et al., 2013; Margules and Pressey, 2000; Rodrigues et al., 2004; Scott et al., 2001).

A livello internazionale è stato calcolato che nel 2019 la superficie di aree terrestri e di acque interne sottoposte a tutela erano pari al 17% della superficie globale; tuttavia il 78.3% delle specie minacciate e più della metà degli ecosistemi terrestri e marini risultavano senza un’adeguata protezione (Maxwell et al.,2020). Anche in Europa è stato calcolato che l’attuale rete di aree protette non è sufficientemente ampia per proteggere adeguatamente la biodiversità ed è quindi necessaria una espansione sia della Rete Natura 2000 sia delle aree protette istituite a livello nazionale e regionale.

Pertanto l’Unione Europea, in coerenza con gli obiettivi dello Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, in particolare il 14 e il 15, ha definito la Strategia Biodiversità al 2030 (SEB 2030), che fra i diversi obiettivi prevede che entro il 2030 tutti i Paesi membri dovranno proteggere almeno il 30% delle proprie superfici terrestri e marine, e che un terzo di queste dovrà essere protetto in modo rigoroso.

La SEB 2030 prevede che, per il raggiungimento dell’obiettivo del 30% del territorio protetto, oltre ai Siti Natura 2000 e alle aree protette istituite a livello nazionale, possono essere considerate anche le OECM, ovvero le Other effective area based conservation measures, che pur non essendo protette da una normativa specifica per la tutela della biodiversità, forniscono un efficace contributo alla conservazione di specie e habitat. Inoltre, per le aree sottoposte a tutela, la SEB 2030 prevede che queste vengano adeguatamente designate in base a criteri scientifici, gestite con appropriate misure di conservazione per il raggiungimento degli obiettivi di conservazione ben definiti, da valutare in base ad adeguati monitoraggi.

Per il raggiungimento di tali obiettivi la SEB 2030 indica che dovranno essere individuate le aree più rappresentative della biodiversità attualmente non tutelate, fra cui le foreste vetuste e primarie, gli ecosistemi che costituiscono serbatoi di carbonio (come le torbiere e le zone umide), le aree importanti per gli impollinatori (anche in attuazione dell’Iniziativa Europea per gli impollinatori), le IBA (Important Bird Areas) indicate da BirdLife International (2019), le KBA (Key Biodiversity Areas) indicate dall’IUCN (2016) quali hotspot di biodiversità.

Inoltre le aree protette devono essere ben connesse, anche attraverso i corsi d’acqua, per i quali la SEB 2030 prevede il ripristino dei collegamenti laterali e longitudinali per la riconnessione di 25.000 km di corpi idrici in tutta l’UE. Per supportare gli Stati Membri alla definizione degli impegni nazionali per il raggiungimento degli obiettivi della SEB 2030, la Commissione UE ha avviato un confronto a livello europeo ed ha redatto un documento con gli indirizzi generali, stabilendo che gli Stati Membri dovranno integrare tali indirizzi con i criteri definiti a livello nazionale. Pertanto nel presente articolo vengono descritti i criteri proposti da ISPRA per l’individuazione delle aree terrestri da sottoporre a tutela, già applicati per l’individuazione della perimetrazione degli istituendi Parchi Nazionali del Matese, Monti Iblei e Costa Teatina, dato il ruolo che l’Istituto svolge di Segreteria Tecnica per le aree protette del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza Energetica (MASE), previsto dal DM n. 58 del 1/3/2018.

 

METODI E CRITERI DI INDIVIDUAZIONE DI AREE DA SOTTOPORRE A TUTELA

Secondo Margules e Pressey (2000) la misura con cui le aree protette svolgono il loro ruolo di protezione della biodiversità dipende da quanto queste soddisfano due obiettivi:

1) la rappresentatività della biodiversità di una data area/regione, ovvero l’inclusione nei loro territori di aree importanti per la conservazione delle specie e di habitat di interesse conservazionistico;

2) la capacità di assicurare la persistenza delle specie di interesse conservazionistico attraverso il mantenimento di processi naturali e di popolazioni vitali. La revisione delle aree di conservazione esistenti dovrebbe essere una delle fasi principali della pianificazione sistematica proposta dagli autori, in quanto costituisce la base per identificare gli elementi di biodiversità non sufficientemente rappresentati nelle aree protette esistenti e come migliorare gli sforzi di conservazione (ovvero colmare le “lacune di conservazione”). Maxwell et al. 2020, indica che, per un’opportuna designazione di nuove aree protette o per la loro espansione, queste devono essere:

a) ecologicamente rappresentative;

b) ecologicamente connesse;

c) efficacemente protette.

Le aree protette devono, inoltre, comprendere ecosistemi che forniscono servizi importanti per l’umanità, come ad esempio le zone umide per la loro importante funzione nel sequestro di carbonio dall’atmosfera ai fini della mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Il documento della Commissione UE Criteria and guidance for protected areas designations (Brussels, 28.1.2022 SWD (2022) 23 final) indica i criteri ecologici con cui indicare nuove aree da sottoporre a tutela per il raggiungimento degli obiettivi della SEB 2030. In linea generale il documento fa riferimento a quanto già indicato dalla Direttiva Habitat per l’identificazione delle Zone Speciali di Conservazione (All. III) e dalla Direttiva Uccelli per l’individuazione delle Zone di Protezione Speciale (art. 4). Inoltre fa riferimento ai criteri più dettagliati e basati su buone basi scientifiche che sono stati definiti da BirdLife International per l’individuazione delle IBA e dall’IUCN per l’individuazione delle KBA (2016). Fra i criteri proposti, il documento di indirizzo della Commissione prevede che siano incluse aree idonee agli insetti impollinatori selvatici, come ad esempio le praterie semi-naturali o le aree agricole estensive. La Commissione UE indica che fra le aree da sottoporre a tutela è importante considerare quelle che: possono incrementare la coerenza e la connettività ecologica della Rete Natura 2000, anche in zone transfrontaliere; fungono da buffer a siti protetti già esistenti, al fine di minimizzare gli effetti dei cambiamenti climatici e facilitare la migrazione o gli spostamenti di individui di specie minacciate.

Altro importante aspetto da considerare nella fase di individuazione delle aree da sottoporre a tutela, come previsto dall’Articolo 5 del Regolamento Europeo sul Clima 2018/841, è il loro contributo a potenziare la capacità di adattamento della biodiversità e al rafforzamento della resilienza e della riduzione della vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Per questo nella designazione di nuove aree protette occorre considerare l’inclusione di ecosistemi ricchi di carbonio quali le zone umide, le torbiere e gli ecosistemi marini e marino-costieri. La loro protezione, infatti, eviterebbe il rilascio nell’atmosfera del carbonio che immagazzinano, costituendo una Nature Based Solution (Satta et al., 2022), come indicato anche nei documenti approvati dalla COP 14 della Convenzione di Ramsar. I processi evolutivi (e il loro mantenimento) sono degli elementi chiave da considerare insieme a quelli ecologici e storici nella pianificazione delle azioni di conservazione (Morales-Barbero e Ferrer-Castán, 2019). Occorre, quindi, anche considerare le attività antropiche che hanno favorito nel corso del tempo il mantenimento di habitat seminaturali. La Legge quadro sulle aree protette n. 394/91, con un approccio più ampio di quello delle Direttive europee Habitat e Uccelli, include fra gli obiettivi di tutela anche i suddetti processi evolutivi e antropici (ad es. in cui sono presenti attività tradizionali sostenibili e valori storici culturali di pregio). ISPRA, sulla base di quanto previsto dalla bibliografia scientifica (oltre a quella sopra citata, Cowling, 1999; Leader-Williams et al., 1990; Bicknell, et al. 2017; Ro & Hong, 2007; Soulé & Orians, 2001; Soulé & Terborgh, 1999; Smith et al., 2019; Moilanen et al., 2009; Abarca et al., 2022), dai documenti tecnico scientifici dell’IUCN, dal succitato documento della Commissione e da quanto previsto dalla normativa europea e nazionale, ha definito i criteri per l’individuazione delle aree da sottoporre a tutela per il raggiungimento degli obiettivi della SEB 2030 e della Strategia Nazionale Biodiversità (in corso di approvazione). Come detto, tali criteri, di seguito riportati, sono di fatto già applicati da ISPRA per la definizione di proposte tecniche di perimetrazione di istituendi Parchi Nazionali e per la riperimetrazione di quelli già esistenti. Per l’individuazione di aree da sottoporre a tutela occorre considerare:

  • le aree rappresentative per la biodiversità che siano in grado di garantire la persistenza di popolazioni di specie a priorità di conservazione (specie inserite nelle liste rosse IUCN a livello globale / nazionale o in liste rosse regionali, specie tutelate dalle Direttive Habitat 92/43/CEE e Uccelli 2009/147/CE e dalla normativa nazionale e/o regionale, specie rare, endemiche, specie ombrello, bandiera, chiave), includendo in particolare gli habitat necessari per lo svolgimento delle loro esigenze ecologiche e in considerazione della loro fenologia (es. riproduzione, svernamento, rifugio, sosta) al fine del ripristino/mantenimento di popolazioni minime vitali;
  • le aree di connessione ecologica da tutelare o da ripristinare ai fini della conservazione di metapopolazioni per mantenere/ripristinare il flusso genico e popolazioni vitali nel medio-lungo termine, con particolare riguardo ai corsi d’acqua con i relativi habitat acquatici e ripariali; tali aree incrementano la loro capacità di resilienza alle pressioni e alle minacce indotte da fattori antropici o naturali, fra cui i cambiamenti climatici, favorendo il mantenimento dei processi evolutivi;
  • gli ecosistemi e gli habitat fragili, per i quali è urgente definire adeguate misure di conservazione fra cui gli habitat e gli ecosistemi importanti, costituiti da ecotopi di alto valore ecologico, habitat rari a livello regionale o nazionale, compresi nell’Allegato 1 Direttiva 92/43/CEE, minacciati (Categorie CR, EN e VU) della European Red List of Habitats (Janssen et al., 2016), ad elevata naturalità come le foreste vetuste, le rupi ed i ghiaioni; zone umide e torbiere che costituiscono serbatoi di carbonio;
  • gli ecosistemi da tutelare ai fini del mantenimento e del miglioramento dei servizi ecosistemici da questi forniti, con particolare riguardo per quelli maggiormente minacciati dall’attività antropica (acquatici e agricoli);
  • le aree agricole importanti per la conservazione di specie di interesse conservazionistico legate a questi ambienti in quanto succedanei di habitat naturali nonché importanti per la conservazione del patrimonio genetico agro-pastorale locale e come aree idonee in particolare agli insetti impollinatori selvatici e agli uccelli legati agli habitat rurali;
  • i valori socio-economico e storico-culturali da valorizzare (con particolare riguardo alle attività agro-silvo-pastorali e alle attività tradizionali), al fine di sostenere/ attuare uno sviluppo sostenibile che garantisca la tutela a lungo termine dei valori ecologici e territoriali presenti. Nello specifico, per l’identificazione dei perimetri delle aree da sottoporre a tutela, i criteri di ISPRA propongono di:
  • includere le core areas necessarie al mantenimento di popolazioni vitali di flora e fauna e habitat a priorità di conservazione e di guild di specie, con particolare riguardo a quelle già incluse in aree protette e Siti Natura 2000;
  • includere delle aree buffer alle core areas affinché venga minimizzato il disturbo antropico esterno al perimetro dell’area da sottoporre a tutela;
  • mantenere o ripristinare le connessioni ecologiche in particolare fra le aree protette/Siti Natura 2000 già esistenti e limitrofe, considerando in particolare i corpi idrici e gli ecosistemi acquatici ad essi legati;
  • includere aree in cui sia possibile minimizzare i fattori di disturbo e di degrado degli habitat e delle specie derivanti da attività antropiche da valorizzare in quanto potenzialmente compatibili con la conservazione della biodiversità;
  • includere habitat e ecosistemi considerati insostituibili in quanto scarsamente distribuiti a livello di ambito biogeografico, regionale e/o nazionale, e sottoposti a pressioni antropiche che ne determinano un’elevata fragilità (Guidelines IUCN Series n. 15 – Langhammer, 2007, criterio dell’Irreplacability+Vulnerability);
  • includere singolarità geologiche, geomorfologiche, paleontologiche, idrogeologiche, idrologiche, pedologiche incluse nei geositi, e zone di valore paesaggistico e panoramico;
  • mantenere l’integrità e la continuità di elementi e dei sistemi geomorfologici ed idrogeologici, salvaguardandone così le dinamiche e le funzionalità;
  • minimizzare l’effetto margine, massimizzando il rapporto fra superficie e perimetro dell’area;
  • definire limiti del Parco riconoscibili per favorire la corretta gestione delle risorse naturali tutelate e il rispetto delle norme da parte dei residenti e fruitori.

Per l’individuazione delle aree da sottoporre a tutela ISPRA-SNPA sta realizzando un geodatabase in ambiente GIS per l’informatizzazione e l’organizzazione dei dati relativi agli aspetti vegetazionali, faunistici, geologici, idrogeologici, ecologici ecc. e delle cartografie disponibili nelle Banche dati gestite da ISPRA e da SNPA, fra cui prioritariamente il Sistema Carta della Natura, il Network Nazionale di Biodiversità (NNB), i Report relativi alla Direttiva Habitat (92/43/CEE, art. 17), alla Direttiva Uccelli (2009/147/CE, art. 12), alla Direttiva Quadro Acque (WISE), ai monitoraggi degli uccelli acquatici (IWC – International Waterbird Census) e del Centro Nazionale di Inanellamento, le KBA, IBA, IPA (Blasi et al., 2010); i dati delle Banca dati Geositi e dell’ Inventario nazionale Zone Umide.

Il geodatabase includerà, inoltre, i dati relativi alle specie e gli habitat di interesse comunitario presenti nei Siti Natura 2000, le emergenze agricole (DOC, DOP, IGP, PAT), le varietà locali importanti per la tutela del germoplasma (fonte: ARSARP) e le Crop Wild Relatives, e altre tipologie di dati raccolti dalla bibliografia o da Università, enti di ricerca, esperti, ecc.

Ultimo aggiornamento

21 Luglio 2023, 18:32

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